CORTE COSTITUZIONALE, CAMERA DI CONSIGLIO DEL 05.05.2025, DECISIONE DEL 22.05.2025, DEPOSITO DEL 26.05.2025 - ART. 147 LEGGE FALLIMENTARE ED ESTENSIONE AI SOCI DI SOCIETA' SEMPLICE

Pubblicato il 30 giugno 2025 alle ore 10:07

COMMENTO A SENTENZA

Introduzione
Il presente commento analizza la sentenza n. 87/2025 della Corte Costituzionale, che affronta il delicato tema dell’applicazione dell’art. 147 R.D. 267/1942 alle società semplici che esercitano attività commerciale e chiarisce i limiti del contraddittorio nei procedimenti di fallimento esteso ai soci illimitatamente responsabili. La Corte propone un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma per garantire il diritto di difesa dei soci coinvolti.

Parole chiave

fallimento in estensione - art. 147 L.F. - società semplice - soci illimitatamente responsabili, Corte Costituzionale - interpretazione costituzionalmente orientata.

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Osservazioni ermeneutiche alla sentenza n. 87/2025 della Corte Costituzionale – Sull’estensione soggettiva dell’art. 147 R.D. 267/1942 alle società semplici e sul perimetro del contraddittorio nel giudizio fallimentare

La Corte Costituzionale, con la pronunzia n. 87 del 26 giugno 2025, ha respinto come infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in ordine all’art. 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (lex fallimentaria), con riferimento agli articoli 24 e 111 Cost., nella parte in cui la norma de qua trova applicazione anche nei riguardi delle società semplici, ove esercitino de facto attività commerciale, e ciò pur in assenza di una espressa richiesta di fallimento in estensione nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.

La Consulta ha, con motivazione di pregevole tessitura sistematica, ribadito che l’art. 147, nel disciplinare l’istituto del fallimentum extenditur, impone l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dei soci partecipi della società di persone, anche non persone fisiche, ogniqualvolta nel giudizio vertente sul fallimento dell’ente societario si proceda, in via diretta ovvero mediata, all’accertamento della loro esposizione personale all’insolvenza.

La norma oggetto di scrutinio, che affonda le proprie radici in un impianto normativo di matrice corporativa, contempla infatti un meccanismo estensivo della declaratoria di fallimento nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, fondato non già su una loro autonoma decozione, bensì sulla compresenza di tre elementi costitutivi:

  1. declaratoria di fallimento della società di persone;
  2. sussistenza del vincolo societario e della responsabilità personale e solidale al momento della dichiarazione ovvero nei dodici mesi anteriori;
  3. riferibilità causale dell’insolvenza societaria ad obbligazioni sorte durante la vigenza del rapporto sociale (cfr.ex multis  civ., sez. I, n. 17546/2024).

Tale disciplina si innesta, peraltro, in un contesto giuridico profondamente modificato dalla riforma del 2006, che ha espunto dall’ordinamento il c.d. fallimento d’ufficio, ivi incluso quello in estensione, determinando una frammentazione procedurale che consente l’instaurazione di giudizi autonomi nei confronti dei soci, i quali assumono la veste di debitores fallendi solo ove espressamente evocati (vid. Cass. n. 16777/2021).

Ne deriva che, in via generale, i soci palesi non possono pretendere di esser chiamati a partecipare al giudizio sul fallimento dell’ente, qualora non sia stato proposto in esso anche il loro fallimento nomine proprio, essendo in tal caso la tutela del loro jus defensionis rimessa all’esercizio di strumenti impugnatori post rem iudicatam, ai sensi dell’art. 18, comma 4, L.F., con decorrenza del termine dalla pubblicazione della sentenza nel Registro delle imprese (cfr. Cass. civ., nn. 14179/2022 e 16777/2021).

Tuttavia, nel caso in cui il giudizio sul fallimento della società comporti un accertamento incidentale della natura commerciale dell’ente, e per il suo tramite si giunga alla qualificazione della stessa come soggetto fallibile ex se, l’effetto derivato di tale qualificazione si riverbera necessariamente sulla posizione dei soci illimitatamente responsabili, i quali risultano in re ipsa esposti al rischio di fallimento in estensione, ancorché non formalmente evocati in giudizio.

In tale evenienza, secondo il dictum della Consulta, appare manifestamente lesivo del diritto di difesa – inteso nella sua accezione sostanziale e non meramente formale – far gravare ex post sui soci l’onere di prendere cognizione, per relationem, della pubblicazione della sentenza fallimentare relativa ad un ente (la società semplice) che, in via generale, non si presume fallibile. L’esclusione di un obbligo di convocazione in tali ipotesi verrebbe a determinare una compressione surrettizia dello jus audiendi et respondendi, con pregiudizio per la pienezza del contraddittorio.

In chiave ricostruttiva, la Corte propone una interpretatio adeguatrice dell’art. 147, comma 3, L.F., nel senso che la vocatio in ius dei soci debba avvenire non soltanto nel giudizio che statuisce direttamente sulla loro decozione personale, ma anche in quello che accerta il presupposto sostanziale della fallibilità societaria, dal quale discende, quale riflesso giuridico, la loro potenziale soggezione all’istituto del fallimento in estensione.

In assenza di siffatta convocazione, il giudice della successiva procedura ex art. 147 potrà procedere, incidenter tantum, a rinnovare l’accertamento in ordine alla fallibilità dell’ente, onde porre rimedio alla pregressa omissione e garantire il contraddittorio nei limiti del possibile, sempreché non emerga ex actis che il socio, pur non formalmente convocato, abbia facto esercitato il proprio diritto di difesa.

La pronuncia della Corte si salda coerentemente anche con la normativa della liquidazione giudiziale di cui al D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), in particolare con l’art. 256, il quale riproduce in forma pressoché speculare la ratio dell’art. 147 L.F., confermando la necessità di una lettura coordinata alla luce dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.

 

Gianmario D’Amico

 

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