Introduzione
Il presente contributo si propone di esaminare la rilevante questione giuridica della trascrivibilità delle domande giudiziali nel Registro delle Imprese, con particolare riferimento a quelle aventi ad oggetto quote societarie. La problematica si inserisce nel più ampio contesto della pubblicità legale e della tutela dei diritti degli eredi e dei soci, ponendo in rilievo il delicato equilibrio tra il principio di tipicità degli atti iscritti e la necessità di garantire la completezza e trasparenza del sistema di pubblicità commerciale.
L’interrogativo, recentemente sottoposto al vaglio del Tribunale di Venezia con rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione, investe aspetti fondamentali quali l’effetto prenotativo delle iscrizioni e la sicurezza dei traffici giuridici, questioni di particolare rilevanza per la disciplina delle società di capitali e, in special modo, per le piccole e medie imprese (PMI) italiane, il cui tessuto economico si fonda su un delicato equilibrio tra proprietà familiare e dinamiche di mercato.
L’articolo si propone di analizzare la ratio giurisprudenziale e dottrinale sulle posizioni contrapposte, nonché le possibili implicazioni pratiche di una pronuncia di legittimità in materia, con un focus specifico sull’impatto che la soluzione della questione potrà esercitare sul sistema delle PMI, soprattutto in termini di tutela patrimoniale, continuità aziendale e accesso al credito.
Parole chiave: trascrivibilità domande giudiziali - registro delle imprese - principio di tipicità - effetto prenotativo
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L’ordinanza interlocutoria emessa in data 19 maggio 2025 dal Tribunale di Venezia – Sezione Impresa, nel procedimento R.G. n. 4863/2024, assume valore sistematico dirimente, segnando un punto di snodo interpretativo di rilievo in materia di pubblicità commerciale e, più in particolare, di trascrivibilità delle domande giudiziali nel Registro delle Imprese.
Il provvedimento, adottato ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., individua una quaestio iuris mai affrontata ex professo dalla giurisprudenza di legittimità, ma ampiamente dibattuta in dottrina e nella prassi giudiziaria di merito: se e a quali condizioni le domande giudiziali – ed in specie quelle concernenti la titolarità di partecipazioni sociali – possano o debbano essere oggetto di iscrizione nel Registro delle Imprese.
Il caso di specie attiene alla richiesta, da parte di un legittimario, di iscrizione nel Registro delle Imprese della domanda di riduzione ex art. 554 c.c., proposta in sede contenziosa a tutela della quota di legittima asseritamente lesa da disposizioni testamentarie che attribuivano alla seconda moglie del de cuius partecipazioni qualificanti in due società familiari. Il rigetto opposto dal Conservatore del Registro delle Imprese ha determinato l’instaurazione di un giudizio ai sensi dell’art. 2189, co. 3, c.c., sfociato, in esito alla contraddittoria e alla verifica dei presupposti, nel rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione.
La questione investe temi di rango interordinamentale, in cui si saldano:
- i principi generali della pubblicità legale e della certezza dei traffici giuridici (art. 2188 c.c., art. 7, co. 2, D.P.R. 581/1995);
- il sistema della pubblicità dichiarativa quale veicolo di tutela dell’affidamento e dell’opponibilità erga omnes (con evidenti analogie con la pubblicità immobiliare: artt. 2652, 2690 c.c.);
- le garanzie di effettività della tutela giurisdizionale e di pari accesso all’eredità (artt. 2, 3, 24, 42 co. 4 Cost.);
- e infine, il principio di tassatività degli atti iscrivibili, secondo una visione restrittiva tradizionalmente seguita dalla giurisprudenza camerale, ma oggi messa in discussione da recenti orientamenti estensivi, anche alla luce del riformato art. 838-ter c.p.c. (introdotto dal D.Lgs. 149/2022), in tema di iscrizione delle domande arbitrali.
L’ordinanza in commento si segnala non solo per il rigore argomentativo con cui affronta il conflitto esegetico tra completezza e tassatività, ma anche per l’evidente tensione sistemica che tale questione genera nel quadro della transizione da un modello cartolare-fisico della pubblicità societaria (incentrato sul libro soci) a un modello integrale e digitale, fondato sul Registro delle Imprese quale fonte esclusiva di legittimazione e conoscibilità.
La trascrivibilità della domanda giudiziale, se riconosciuta, determinerebbe una funzione prenotativa simile a quella disciplinata per la trascrizione immobiliare (effetto ex tunc), in evidente sintonia teleologica con i meccanismi previsti per i beni mobili registrati. In caso contrario, si consoliderebbe una situazione in cui, pur in presenza di un’azione giudiziaria pendente, il diritto controverso potrebbe essere aggirato attraverso atti dispositivi ulteriori, eludendo la futura pronuncia di accoglimento e con ciò vulnerando i principi fondamentali di parità, effettività e non discriminazione dei soggetti eredi.
Alla Corte di Cassazione è quindi demandato il compito – di rango non solo interpretativo, ma verosimilmente nomofilattico – di decidere se:
- il principio di tassatività debba essere interpretato in chiave chiusa e letterale;
- ovvero, se esso debba essere sistematicamente bilanciato con la funzione informativa e protettiva del Registro delle Imprese, secondo un criterio finalistico che tenga conto dell’evoluzione normativa e dell’unitarietà della pubblicità legale nel diritto patrimoniale.
L’attesa pronuncia della Suprema Corte, alla quale si rinvia ex art. 363-bis c.p.c., riveste, in definitiva, un rilievo sistemico per l’intero diritto delle imprese, ponendosi al crocevia tra dogmatica civilistica, diritto commerciale e diritto processuale.
Ricostruzione fattuale e processuale
Il ricorrente, erede legittimo di un imprenditore veneto, ha promosso giudizio di riduzione testamentaria ex art. 554 c.c., contestando la validità delle attribuzioni patrimoniali operate a favore della seconda moglie del defunto. Tra i beni impugnati figurano quote sociali di due società di rilievo economico, che risultavano nella disponibilità esclusiva della vedova.
Al fine di prevenire alienazioni o trasferimenti delle suddette quote prima della definizione definitiva della controversia, il ricorrente ha richiesto al Conservatore del Registro delle Imprese l’iscrizione della domanda giudiziale, invocando il principio dell’effetto prenotativo previsto analogicamente dall’art. 2652 c.c. per i beni immobili.
Il Conservatore, tuttavia, ha negato l’iscrizione, sostenendo che le domande giudiziali non rientrano nell’elenco tassativo degli atti iscrivibili ai sensi della normativa vigente e che tale iscrizione non può avvenire in assenza di specifica disposizione normativa.
Il ricorrente ha quindi promosso ricorso ex art. 2189, co. 3, c.c. avverso tale diniego. Il Tribunale, chiamato a decidere sulla legittimità del rifiuto, ha rilevato la sussistenza di un contrasto interpretativo di natura sostanziale e ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione per dirimere la questione.
La questione di diritto: iscrizione delle domande giudiziali nel registro delle imprese
Il problema giuridico centrale consiste nell’individuare se, e con quali limiti, le domande giudiziali, in particolare quelle aventi ad oggetto la titolarità di quote societarie, possano essere iscritte nel Registro delle Imprese, con conseguente efficacia prenotativa che ne impedisca la circolazione a terzi fino alla definizione del giudizio.
Argomentazioni a sostegno della tesi negativa
- Principio di tassatività: il Registro delle Imprese, in analogia con altre forme di pubblicità legale, ammette l’iscrizione esclusiva di atti e fatti espressamente previsti dalla legge, al fine di garantire la certezza e la stabilità dei traffici giuridici (art. 2188 c.c.; art. 7, comma 2, D.P.R. 581/1995).
- Natura meramente prospettica della domanda giudiziale: la domanda è una manifestazione di volontà non ancora convalidata dal giudice, priva di effetti immediati e certi e, pertanto, incompatibile con la funzione informativa del Registro, che richiede atti dotati di sufficiente determinazione e affidabilità.
- Assenza di effetto prenotativo specifico: la disciplina della pubblicità immobiliare prevede un meccanismo esplicito di effetto retroattivo a favore del trascrittore della domanda giudiziale (artt. 2652, 2690 c.c.), che manca nella normativa sulla pubblicità commerciale.
- Pericolo di pregiudizio ai terzi e all’ordine pubblico economico: l’iscrizione di domande infondate potrebbe ingenerare false apparenze e incertezza, contravvenendo al principio di affidamento.
Argomentazioni a favore della tesi positiva
- Principio di completezza e funzione informativa: la pubblicità legale mira a rendere trasparenti e opponibili tutte le vicende rilevanti per la titolarità dei diritti, soprattutto alla luce dell’abolizione del libro soci nelle S.r.l. (art. 2467 c.c.).
- Analogia con i beni mobili registrati: le quote societarie possono essere assimilate a beni mobili registrati, per i quali il sistema ammette la trascrivibilità delle domande giudiziali, con conseguente effetto prenotativo.
- Riforma del D.Lgs. 149/2022 e art. 838-ter c.p.c.: l’introduzione della trascrizione della domanda arbitrale nel Registro delle Imprese suggerisce una tendenza normativa a favorire l’iscrivibilità anche di altre domande giudiziali.
- Tutela dell’erede e prevenzione di atti dispositivi fraudolenti: l’iscrizione della domanda giudiziale costituisce uno strumento di tutela efficace per i legittimari, evitando che diritti potenzialmente riconosciuti vengano frustrati da trasferimenti intervenuti in pendenza del giudizio.
- Risarcibilità del danno: eventuali danni derivanti dall’iscrizione di domande giudiziali infondate possono essere coperti tramite l’azione di responsabilità per iscrizioni illegittime.
In conclusione, dunque, il Tribunale ha sospeso il presente procedimento e ha sottoposto alla Corte di Cassazione il seguente quesito di diritto: “se le domande giudiziali, in particolare quelle aventi ad oggetto le quote di società, siano iscrivibili nel registro delle imprese”.
Considerazioni finali: impatto sulle PMI italiane
La soluzione della questione in esame assume particolare rilievo per il sistema delle piccole e medie imprese (PMI)italiane, che costituiscono il tessuto produttivo predominante del Paese. Nel contesto delle PMI, spesso caratterizzate da strutture societarie familiari e da una gestione più informale e diretta delle partecipazioni, la trasparenza e la certezza del regime proprietario rappresentano elementi fondamentali per la tutela degli investimenti e la prevenzione di conflitti interni. Difatti, l’eventuale riconoscimento della possibilità di iscrivere nel Registro delle Imprese le domande giudiziali relative a diritti sulle partecipazioni societarie garantirebbe un importante strumento di tutela preventiva per gli eredi, soci e terzi interessati, assicurando che le controversie pendenti non possano essere eluse tramite operazioni dispositive occulte o fraudolente.
Tale regime, inoltre, contribuirebbe a rafforzare la funzione informativa e pubblicitaria del Registro, ponendolo quale strumento chiave non solo per le grandi società, ma soprattutto per le PMI, nelle quali la trasparenza e la certezza dei rapporti societari costituiscono fattori decisivi per l’accesso al credito, l’attrazione di investimenti e la continuità aziendale.
Viceversa, un’interpretazione restrittiva che escluda la trascrivibilità delle domande giudiziali rischierebbe di esporre le PMI a maggiori rischi di instabilità patrimoniale e a conflitti interni difficilmente gestibili, con effetti negativi sull’efficienza del mercato e sul tessuto economico locale.
In definitiva, la decisione che la Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi avrà un impatto sostanziale sul grado di tutela dei diritti nelle imprese familiari e, più in generale, sul sistema di garanzie e trasparenza che sorregge l’intero comparto delle PMI italiane.
Gianmario D'amico
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